Articolo scritto in collaborazione con l'amico Ledo Stefanini in occasione dei 50 anni della nascita di Internet (pubblicato sulla Gazzetta di Mantova del 02/11/2019)
In questo 2019 ricco di importanti anniversari, da Giulio Romano e Leonardo all’allunaggio dell’Apollo 11, rischiano di passare inosservate le cinquanta candeline spente da una delle più grandi invenzioni del secolo scorso. Strano, ma non troppo, se pensiamo che, come ha detto il matematico e pioniere dell’informatica Alan Key, questa innovazione è stata realizzata così bene che la maggior parte delle persone la considera alla stregua di una risorsa naturale, come l’oceano Pacifico, e non un prodotto dell’uomo. E pensare che pochi avrebbero scommesso che i primi esperimenti condotti nell’autunno del 1969 sulla costa californiana avrebbero dato vita a una rivoluzione nel nostro modo di studiare, lavorare, fare shopping e prenotare le ferie, ovvero internet.
Le risorse economiche messe a disposizione dal Dipartimento della difesa americano furono determinanti per lo sviluppo dell’informatica moderna, ma nulla sarebbe stato possibile senza il contributo di centinaia di brillanti ingegneri, progettisti e programmatori. All’inizio del 1967 il team di Larry Roberts e Bob Taylor iniziò infatti a lavorare al sogno di ogni ricercatore dell’epoca: poter utilizzare i pochi super-calcolatori allora esistenti nel continente restandosene comodamente seduti nel proprio laboratorio. Dopo mesi di frenetico lavoro, la sera del 29 ottobre 1969 gli informatici dell’università di Stanford e di Los Angeles si trovarono davanti ai rispettivi calcolatori per effettuare il primo collegamento moderno della storia. L’obiettivo era apparentemente semplice: riuscire a inviare lungo la costa californiana, a centinaia di chilometri di distanza, un comando per entrare nel computer remoto. La serata non iniziò nel migliore dei modi: intorno alle 21 il sistema riuscì a inviare solo i primi due caratteri del comando prima di bloccarsi per un errore. Dopo oltre un’ora di lavoro, alle 22.30, il terminale di Los Angeles riuscì finalmente a inviare con successo il messaggio “login” alla macchina di Stanford: era nata la rete Arpanet (Advanced research projects agency network).
Questi cinque caratteri spalancarono le porte di un nuovo mondo: la rete Arpanet si allargò rapidamente a nuovi centri di ricerca e, visto il successo americano, vennero create reti analoghe in tutto il resto del globo. L’interconnessione di queste diverse reti in un’unica rete di reti fu, infine, l’ultimo passo per la creazione della rete per antonomasia: internet. A distanza di mezzo secolo, internet sembra non sentire affatto il peso degli anni e, nel bene e nel male, continua a permeare sempre più le nostre vite. La prossima volta che spediremo una email, invieremo un messaggio su Whatsapp o posteremo una foto su Instagram, ricordiamoci allora di quei progettisti che, seduti un mercoledì sera dopo cena davanti a un computer, non si lasciarono scoraggiare dai primi fallimenti e perseverarono nei loro tentativi, seppur ignari di essere al lavoro su una delle più grandi rivoluzioni del Novecento.
Emanuele Goldoni, Ledo Stefanini