di Emanuele Goldoni
E' ora di partire: domani ci aspettano per pranzo a Leopoli, una delle principali città dell'Ucraina. Può suonare strano, ma le porte dell'Europa in guerra sono lì, a sole 18 ore di viaggio in auto da Mantova. E allora, caricati i mezzi e riempiti i serbatoi, imbocchiamo subito l'autostrada per un viaggio verso nord-est che procede spedito macinando asfalto e sostando rapidamente negli autogrill.
La prima vera sosta la facciamo alla frontiera ucraino-polacca di Shehyni-Medyka, dove non troviamo molta fila ma le operazioni procedono a rilento: un'attesa che serve a ricordare a noi, figli di Schengen, quel viaggiare libero che diamo troppo spesso per scontato. I soldati sul lato est sono pochi: del resto il nemico non è qui ma a 1000 chilometri, dall'altra parte della nazione. Pian piano avanziamo lungo il check point: verifica dei passaporti, qualche domanda di rito, apertura del bagagliaio e anche qualche attimo di panico per presunti documenti mancanti ma poi, alla fine tutto, si risolve.
Allora, con un timbro in più sui passaporti, usciamo dall'Europa e ripartiamo verso la nostra meta lungo una statale che taglia campagne e piccoli villaggi. La guerra è già lì, nelle grosse buche nell'asfalto che spesso costringono a manovre azzardate per non distruggere le sospensioni. «Da quando la guerra è iniziata sono passati tantissimi camion e la strada si sta rovinando, - ci spiegheranno poi - ma il governo ora deve pensare soprattutto al fronte». Ah già, la guerra: ce ne eravamo quasi dimenticati arrivando a Leopoli. Questa grande città al confine occidentale sembra infatti sfiorata a malapena da tutto ciò che vediamo ogni giorno nelle immagini che arrivano dal fronte: qui la vita continua apparentemente normale, con strade trafficate e piazze e ristoranti in centro piene di persone. Vero, gli attacchi in questi anni ci sono stati anche a Leopoli, ma si possano contano sulle dita delle mani e parte dei palazzi distrutti è già stata ricostruita. In piazza, vicino a un bar, un gruppo di giovanissimi beve e scherza anche quando tolgono la corrente nel quartiere: semafori e lampioni si spengono ma il lavoro al bancone continua poiché tutti ormai tutti si sono organizzati con i propri generatori. Un'aria fin troppo festosa che solo il coprifuoco a mezzanotte sembra in grado di fermare. Ma la guerra invece è lì, intenta a passeggiare davanti alle vetrine: «Ognuno di noi - ci dicono - ha un padre o in fratello o un cugino o un caro amico in guerra. Non c'è giorno a cui non pensiamo a loro, che sono impegnati al fronte per la libertà del nostro popolo». E allora, alzando lo sguardo e prestando più attenzione, appare evidente come ci siano moltissime mamme con figli, adolescenti e anziani ma pochissimi uomini. «Siamo preoccupati per i nostri soldati? Sì, certo, ma la vita deve continuare - ci spiegano, intuendo la nostra confusione - e non possiamo lasciare che Putin paralizzi le nostre vite. Andare avanti così per noi è un modo per dire che Putin non ci ha piegati». Anche mentre parlano inizia a suonare la sirena antiaerea ma, intorno a noi, nessuno sembra sentirla «Vedete - ci mostrano una app sul cellulare - sono partiti in volo dalla Russia due Mig. Forse colpiranno vicino a Karkyv, forse rientreranno senza fare nulla, accontentandosi di far scattare l'allarme delle nostre difese». Una guerra anche sul piano psicologico e fisico, come dimostrano talvolta i segni sotto gli occhi di chi incontriamo: «Proprio questa notte l'allarme è suonato più volte, ma quasi tutti siamo rimasti nei nostri letti e non siamo andati nei rifugi. Un po' di paura ovviamente c'è, ma non possiamo impazzire per colpa dei Russi».
Ripartiamo zigzagando tra i tram e le nostre guide ci accompagnano al Lychakiv Cemetery. Anzi, nel prato accanto, dove centinaia di bandiere ucraine giallo-azzurre sventolano insieme a molte altre storiche bandiere rosso-nere dei nazionalisti locali. Scendiamo dai mezzi e sono quasi affascinato dal rumore delle stoffa agitata dal vento e da questo gioco di colori che occupa una lunga striscia di terreno che sale dolcemente verso la collina. Poi, mentre ci avviciniamo, il vento diminuisce, le bandiere smettono di sventolare e metto meglio a fuoco i dettagli: sotto ogni bandiera c'è un rettangolo di terra, una croce, una semplice targa e una foto. Sono tutti i combattenti di Leopoli morti in guerra. Centinaia e centinaia di sepolture di legno, tutte simili tra loro: soldati semplici e comandanti, operai e insegnanti, nonni e ragazzi ancora iscritti all'università. Poco importa cosa fossero prima: ora sono diventati eroi, resi immortali da una granata, un missile o un proiettile. E in questa distesa di morte, gli unici a sorridere sono loro, ripresi quasi sempre in foto con la divisa militare e lo sguardo fiero.
Saliamo in silenzio le fila di tombe ordinate: le prime sono di chi è caduto nel 2021 e poi, passo dopo passo, i giorni e i mesi passano: prima l'inverno di neve e fango, una nuova estate, poi di nuovo inverno e mentre torna l'estate arriviamo all'ultima fila perdendo il conto di quante croci abbiamo superato. Sulla sinistra qualcuno con una pala sta ancora finendo di sistemare la terra su una sepoltura: è un soldato morto la scorsa settimana e il cui corpo è appena tornato dal fronte. E già si scavano altre fosse: anche oggi due uomini si sono aggiunti alla conta dei caduti di Leopoli e presto torneranno nella loro città.
Tornando indietro, sulla sinistra intravedo una donna sulla trentina seduta a una tomba. Allungo lo sguardo, siamo a ottobre 2023 e il soldato in foto sembra avere più o meno la stessa età. La moglie? Una fidanzata? Una sorella? Nel frattempo lei alza gli occhi e i nostri sguardi si incontrano per un istante: sono rossi e gonfi di lacrime. Un'onda dolore mi raggiunge in pieno e mi paralizza: mi fermo, una parte di me vorrebbe andarla ad abbracciare ma i piedi ripartono, fuggendo da un dolore che è ancora così grande dopo molti mesi, consapevole che non esistono parole in nessuna lingua in grado di curare certe ferite. Ma in questo venerdì una parte di me è si è avvicinata a quella panchina ed è rimasta seduta là, ascoltando in silenzio il rumore delle bandiere scosse dal vento.
È ora di ripartire e così ce ne torniamo alla spicciolata ai nostri mezzi. In fondo, dall'altra parte della strada, un bambino a passeggio si volta a guardare incuriosito prima nella nostra direzione e poi verso sua madre. Chissà se tra i "perché" di un bambino di Leopoli oggi ci sono "perché papà è via?", "perché la mia amichetta a scuola è sempre triste e dice che suo fratello non tornerà più?", "perché la notte suona la sirena?", "perché la mamma ogni tanto piange a cena di nascosto da sola?". Ma nei suoi occhi mi sembra invece di scorgere una sola domanda: "Quando? Quando finirà tutto questo?". Poi entrambi girano dietro l'angolo e il bimbo sparisce senza fermarsi a chiedere nulla: meglio così, penso, perché non avrei saputo cosa rispondergli.
I really like phpLiteAdmin, but it's not a secret that its development is stalling. Hence, I have started pla-ng.
pla-ng (aka phpLiteAdmin 2.0) is a soft fork of this well known tool: is not a rewrite of phpLiteAdmin, nor will never be. Consider pla-ng just an "updated version of phpLiteAdmin" which integrates recent updates and small patches, and usable on PHP >= 8.0 without much troubles. Give it a try and let me know if you like it!
Come se non bastasse il cambiamento climatico, a surriscaldare gli animi in questa rovente estate mantovana ci si è messa pure la matematica. Ebbene sì: a ben vedere, le polemiche sollevate dal campo da basket circolare realizzato tra le isole di Parco Te a Mantova non sono altro che una questione di forme (e formule)...
Se siete curiosi e la matematica non vi spaventa (o, almeno, non vi spaventa troppo) continuate a leggere questo mio breve articolo sulla geometria e... i campi da basket.
Colonna sonora della lettura? Ovviamente Bennato con L'isola che non c'è (https://youtu.be/4SK1KN6ToNw).
In 1929, Enrico Fermi wrote "Problemi attuali della fisica" ("Contemporary Problems of Physics"), a short article in Italian published in the magazine "Annali dell'istruzione media". The magazine was sponsored by the Italian Ministry of Schooling and Education, and it was addressed to teachers and principals of middle and high schools. This short text written by Fermi had been forgotten for a long time: only in recent years it has been digitized and republished. It is unclear why Fermi wrote an article of a clearly popularizing nature for a non-technical journal, but is still interesting to to read his words and appreciate his skills as a great scientific communicator.
We (me and prof. Ledo Stefanini) transcribed the original article and we translated it into English, to make the text available world-wide and accessible to a broader public. You can read the article online on arXiv.org.
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Nel 1929, Enrico Fermi scrisse "Problemi attuali della fisica", un breve articolo in lingua italiana pubblicato sulla rivista "Annali dell'istruzione media". La rivista era patrocinata dal Ministero della Pubblica Istruzione e si rivolgeva a insegnanti e presidi di scuole medie e superiori. Questo breve testo scritto da Fermi è stato dimenticato per molto tempo: solo negli ultimi anni è stato digitalizzato e ripubblicato. Non è noto perché Fermi abbia scritto un articolo di natura chiaramente divulgativa per una rivista non tecnica, ma è comunque interessante poter leggere ancora oggi le sue parole e apprezzare le sue doti di grande comunicatore scientifico.
Noi (io e il prof. Ledo Stefanini) abbiamo trascritto l'articolo originale e l'abbiamo e l'abbiamo tradotto in inglese, per rendere il testo disponibile in tutto il mondo e e accessibile a un pubblico più vasto. È possibile leggere l'articolo online su arXiv.org.
In July 2022 I submitted a proposal for a new "2D barcode" (aka QR Code) Emoji.
Unfortunately, my proposal was not among those selected to move forward.
I am considering proposing it as a Unicode character. If you have any experience in this field and/or if you want to support me in this new adventure, please drop me a line.
Nell'ottobre 1914, mentre buona parte dell'Europa era già impegnata nel conflitto mondiale e anche nel nostro paese spiravano venti di guerra, La Domenica del Corriere (n. 41) pubblicò un racconto breve del fisico e meteorologo urbinate Tito Alippi. Dopo aver constatato la sua triste attualità, non possiamo non augurarci che anche ora non vi siano astronomi di Marte intenti a puntare i propri strumenti verso la Terra. (Lele)
In qual modo Ares, il grande anzi il più grande astronomo di Marte, giunse alla sua portentosa scoperta? E su quali principii scientifici essa riposava? Io non lo dirò ai lettori per varie ragioni, tra cui questa principalissima: che neppure io lo so! Non se ne meravigli nessuno, riflettendo che a noi, creature di un altro mondo, per quanto progredito nelle scienze fisiche, non può essere concesso comprendere i portati di altre intelligenze troppo diverse dalle nostre, molto più addentro nella conoscenza delle grandi leggi naturali, e che dispongono per giunta di altri sensi coi quali afferrano forme di energie a noi ignote.
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