Dopo anni di vendite online su Subito.it, ho deciso di compilare il bestiarium degli acquirenti dei siti di compra-vendita... Leggendo queste poche righe riconoscere qualcuno nel quale siete incappati o del quall avevate solo sentito parlare... Ma l'opera è solo all'inizio: molti altri ancora, sconosciuti, sono la fuori che ci stanno aspettando: il mondo è pieno di nuove specie ancora da scoprire...
LO STATISTICO - compare mandandovi subito il messaggio predefinito "Buongiorno, è ancora disponibile?" per verificare se l'oggetto è ancora in vendita. Gli rispondete di sì e lui... scompare. Non risponde, non rilancia, non chiede altri dettagli. Non resta che pensare che sia tutto parte di una grande campagna (complotto?) in atto a livello globale per monitorare l'andamento dello vendite nel tempo e/o i tempi di risposta dei venditori. Chissà se prima o poi anche i risultati di questo studio saranno disponibili.
IL GHOSTER - vi scrive, vi chiede dettagli non inclusi nell'inserzione, vi chiede altre foto più dettagliate, vi racconta perché è interessato, vi chiede quando potrebbe venire a vedere l'oggetto e poi, sul più bello, sparisce. Proprio così: non vi manda più messaggi, non vi conferma l'appuntamento, non reagisce ai solleciti. E' indubbiamente l'acquirente peggiore per la vostra autostima: iniziate inevitabilmente a chiedervi "Avrò detto qualcosa di sbagliato?" oppure "Qualcosa che ho scritto forse l'ha offeso?", "Sono forse un pessimo venditore?". In taluni casi la crisi può sfociare nel drammatico "Perché è sparito?", "Gli sarà accaduto qualcosa di grave?", "Sta bene?". Niente panico, fate un bel respiro e, sopratutto, non chiamate "Chi l'ha visto".
IL CONTRATTATORE 4.0 - diciamocelo: la parte più bella della compravendita è forse la contrattazione. Ma in questo nuovo mondo digitale, dove tutto è più rapido, anche questa irrinunciabile fase è molto più frenetica: addio lunghi botta e risposta, infiniti tira e molla per pochi euro in stile Zio Paperone. Ecco arrivare allora l'acquirente del nuovo millennio, che vi toglie il piacere dei preliminari andando dritto al punto sin da subito con un solo messaggio: "Ciao! Ultimo prezzo?".
IL SOLITARIO - emerge dal nulla e vi contatta con un messaggio ermetico, quasi criptico: "chiamami 333xxxxxx". E' davvero interessato? Oppure cerca solo compagnia, qualcuno con cui parlare e scambiarsi ricette? Se siete davvero intenzionati a scoprirlo, c'è solo un modo per saperlo: comporre quel numero.
IL CALL CENTER - complementare del solitario, vi scrive bruscamente "dammi il tuo numero". Chissà se davvero vi richiamerà per l'oggetto in vendita oppure se si limiterà ad aggiungere il vostro numero alla rubrica del telefono, impegnato com'è in una sfida con gli amici a chi raccoglie più contatti di sconosciuti. O, ancora, non è escluso che vi richiami dopo qualche settimana, magari per vendervi un nuovo contratto per il gas o proporvi di investire in Bitcoin.
IL CURIOSO - Google ci spia, quindi meglio cercare in altro modo le informazioni: e quale modo migliore se non chiederle al venditore? Ed ecco che, quando vendete un'auto, lui vi contatta chiedendovi cosa pagherebbe di bollo nella sua regione; quando vendete una vecchia bici usata, vi chiede se può montare quel bel cambio in offerta su Amazon; se vendete un PC vi chiede se vi potrà installare sopra il tal gioco. Ma tranquilli, non è detto che gli interessi personalmente: spesso chiede per un amico.
L'IMPEGNATO - vi scrive domandando qualcosa che avete chiaramente, espressamente, esplicitamente indicato nell'inserzione. In particolare sembra esserci un problema a livello nazionale con il "NON spedisco": più di un utente intende il "non" più come una possibilità che come una negazione, chiedendovi comunque se spedite. E' indubbio che il sistema scolastico abbia grosse lacune, ma sono più propenso a pensare (sperare?) che, semplicemente, l'acquirente non abbia letto l'annuncio. Ma come fargliene una colpa: siete voi quelli che vogliono vendere... lui lavora e non ha tempo da perdere a leggere.
di Emanuele Goldoni
Nato a Mantova il 13 settembre 1836, si laureò in ingegneria civile e architettura presso l'Università di Pavia nel 1860.
Nei primi anni della sua carriera da professore cambiò più volte istituto in diverse regioni: inizialmente insegnò matematica e meccanica all'istituto tecnico pavese di Voghera (1862-63). Successivamente, ricevette l'incarico di docente di matematica presso il liceo "L. Ariosto" di Ferrara", dove insegno prima come reggente (incaricato a novembre 1864) e poi, dal novembre 1866, come titolare della stessa cattedra. Infine, nell'ottobre del 1867, venne trasferito allo stesso ufficio nel Ginnasio "Foscarini" di Venezia, dove però rimase solo un anno prima di essere esonerato da tale ufficio nel novembre 1868 e tornare nella sua città natale. (1, 2)
Una volta a Mantova, Fattorini insegnò matematica e geometria descrittiva presso l'Istituto tecnico provinciale (3) dal 1868 al 1883. Durante la sua lunga permanenza mantovana ebbe sicuramente modo di incontrare il filosofo e pedagogista Roberto Ardigò, che proprio in quel periodo insegnò tedesco presso lo stesso istituto tecnico.
Nel 1883, infine, si spostò a Cremona, dove era stato nominato preside dell'Istituto tecnico provinciale "L. B. Alberti" (4). Morì a Napoli il 19 gennaio 1886 lasciando la moglie Cinzia Madella (5).
Eugenio Togliatti descrisse il prof. Fattorini (6) come «persona modesta, ma didatticamente assai capace e piena di entusiasmo per la sua scienza», sostenendo che fu proprio questa sua passione a favorire e sviluppare l'interesse per la materia nella mente del noto matematico Gino Loria, suo studente presso l'istituto tecnico mantovano fino al 1879.
Note
(1) A. Janovitz, "Studi liceali di matematici ebrei nella Mantova del tardo Ottocento", in Ratio mathematica 18 (2008).
(2) Si vedano a questo proposito: Provveditorato agli studi di Pavia, "Nomina di diversi professori alle scuole tecniche (1862-1863)", 29 novembre 1862 (disponibile presso Archivio di transizione del Comune di Vigevano, b. 25, fasc. 11) e le Gazzette ufficiali del Regno n. 268 del 12 novembre 1864, n. 327 del 28 novembre 1866, n. 381 del 14 ottobre 1867 e n. 326 del 30 novembre 1868. Inoltre gli anni estensi di Fattorini sono ricordati anche i E. Patergnani, "Gli inizi dell’istruzione tecnica a Ferrara. Il ruolo della matematica", in Didattica e insegnamento della Matematica, vol. 4, n. 4 (2012).
(3) L'Istituto Tecnico Provinciale di Mantova (1868) e La Scuola Agraria 'Felice Carpi' di Mantova (1867) diventarono un istituto Governativo il 1 novembre 1879 per Regio Decreto del Re Umberto I del 16 agosto 1879: le sezioni istituite ufficialmente furono quelle "di Fisico-Matematica, di Agrimensura, e di Commercio e di Ragioneria". Oggi l'istituto è noto ai mantovani come Istituto Tecnico "Pitentino".
(4) Poi divenuto Istituto Tecnico Commerciale "E. Beltrami" e, oggi, ISS "A. Ghisleri".
(5) Ministero d'agricoltura, industria e commercio, "Pensioni liquidate", in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Supplemento al n. 100, 29 aprile 1887.
(6) E. Togliatti, "Gino Loria", La Rassegna Mensile di Israel", vol. 18, n. 12 (1952).
La Luna ha da sempre affascinato l'uomo e solleticato la fantasia di moltissimi scrittori, divenendo uno dei soggetti di fantascienza più gettonati. In particolar modo, il tema divenne molto popolare a partire dal 1600, quando l'invenzione del telescopio e, un secolo dopo, i primi voli dei fratelli Montgolfier favorirono la diffusione dell'idea di "un mondo lunare" abitabile e raggiungibile in volo. Tra i tantissimi scrittori che immaginarono una vita sul nostro satellite merita di essere ricordato Saverio Bettinelli (Mantova, 1718 - Mantova 1808), gesuita, scrittore e critico letterario. Durante la sua vita Bettinelli riprese infatti più volte questo tema, pubblicando più edizioni de "Il mondo della Luna".
Il primo "Mondo della Luna" di Bettinelli, un poema eroico-comico in dodici canti, venne composto dal gesuita mantovano in giovane età ed edito nel 1754 (Remondini, Venezia - link): era un testo ironico e giocoso, frutto di un lavoro di studio ed sperimentazione di stili retorici. Il secondo "Mondo della Luna" comparve invece nel 1767 (Padova, Stamperia del Seminario) e venne ripubblicato nel 1781 (Zatta, Venezia - link): questo secondo lavoro, in soli due canti, era un testo molto diverso dal primo “Mondo”, dove l'immaginazione e l'ironia lasciavano spazio alla scienza - nel primo canto - e a una felice società agricola - nel secondo. Nel terzo "Mondo della Luna", pubblicato nel 1800 (Cesare, Venezia - link) e sempre scritto in due canti, Bettinelli cambiò nuovamente il racconto. Se il primo canto rimase invariato, riproponendo il tema del viaggio e la macchina volante di Lana Terzi, il secondo canto diventò assai più cupo: sul satellite i viaggiatori trovano venti bellicosi e sanguinari,chiari riferimenti alla Rivoluzione francese e al dominio napoleonico.
Particolarmente interessante è il confronto tra gli ultimi due mondi immaginati da Bettinelli a trent'anni di distanza. Come ha scritto Luana Salvarani negli Annali di storia dell'educazione e delle istituzioni scolastiche: «Nel secondo Mondo della Luna il satellite si dimostrava uguale alla Terra almeno geologicamente, ma offriva comunque la possibilità di uno stile di vita alternativo e salvifico: la finzione lunare consentiva, quanto meno, di additare un modello. Nel terzo Mondo della Luna la finzione non offre scampo, e il satellite non è altro che una replica, si direbbe aumentata e radicalizzata, degli errori e storture della civiltà umana. Impossibile stabilire se tale scelta rifletta esclusivamente una fase nella biografia dell'autore, o se implichi un totale capovolgimento della teoria dell'immaginazione come "bellissimo dono del Cielo" e luogo privilegiato della sperimentazione letteraria e pedagogica. [...]»
Di seguito è riproposto il testo integrale delle ultime due "Lune" di Bettinelli, prese dall'edizione veneziane rispettivamente del 1781e del 1800: Il mondo della Luna (1781) e Il mondo della Luna (1800).
Buona lettura!
Emanuele Goldoni
di Emanuele Goldoni
E' ora di partire: domani ci aspettano per pranzo a Leopoli, una delle principali città dell'Ucraina. Può suonare strano, ma le porte dell'Europa in guerra sono lì, a sole 18 ore di viaggio in auto da Mantova. E allora, caricati i mezzi e riempiti i serbatoi, imbocchiamo subito l'autostrada per un viaggio verso nord-est che procede spedito macinando asfalto e sostando rapidamente negli autogrill.
La prima vera sosta la facciamo alla frontiera ucraino-polacca di Shehyni-Medyka, dove non troviamo molta fila ma le operazioni procedono a rilento: un'attesa che serve a ricordare a noi, figli di Schengen, quel viaggiare libero che diamo troppo spesso per scontato. I soldati sul lato est sono pochi: del resto il nemico non è qui ma a 1000 chilometri, dall'altra parte della nazione. Pian piano avanziamo lungo il check point: verifica dei passaporti, qualche domanda di rito, apertura del bagagliaio e anche qualche attimo di panico per presunti documenti mancanti ma poi, alla fine tutto, si risolve.
Allora, con un timbro in più sui passaporti, usciamo dall'Europa e ripartiamo verso la nostra meta lungo una statale che taglia campagne e piccoli villaggi. La guerra è già lì, nelle grosse buche nell'asfalto che spesso costringono a manovre azzardate per non distruggere le sospensioni. «Da quando la guerra è iniziata sono passati tantissimi camion e la strada si sta rovinando, - ci spiegheranno poi - ma il governo ora deve pensare soprattutto al fronte». Ah già, la guerra: ce ne eravamo quasi dimenticati arrivando a Leopoli. Questa grande città al confine occidentale sembra infatti sfiorata a malapena da tutto ciò che vediamo ogni giorno nelle immagini che arrivano dal fronte: qui la vita continua apparentemente normale, con strade trafficate e piazze e ristoranti in centro piene di persone. Vero, gli attacchi in questi anni ci sono stati anche a Leopoli, ma si possano contano sulle dita delle mani e parte dei palazzi distrutti è già stata ricostruita. In piazza, vicino a un bar, un gruppo di giovanissimi beve e scherza anche quando tolgono la corrente nel quartiere: semafori e lampioni si spengono ma il lavoro al bancone continua poiché tutti ormai tutti si sono organizzati con i propri generatori. Un'aria fin troppo festosa che solo il coprifuoco a mezzanotte sembra in grado di fermare. Ma la guerra invece è lì, intenta a passeggiare davanti alle vetrine: «Ognuno di noi - ci dicono - ha un padre o in fratello o un cugino o un caro amico in guerra. Non c'è giorno a cui non pensiamo a loro, che sono impegnati al fronte per la libertà del nostro popolo». E allora, alzando lo sguardo e prestando più attenzione, appare evidente come ci siano moltissime mamme con figli, adolescenti e anziani ma pochissimi uomini. «Siamo preoccupati per i nostri soldati? Sì, certo, ma la vita deve continuare - ci spiegano, intuendo la nostra confusione - e non possiamo lasciare che Putin paralizzi le nostre vite. Andare avanti così per noi è un modo per dire che Putin non ci ha piegati». Anche mentre parlano inizia a suonare la sirena antiaerea ma, intorno a noi, nessuno sembra sentirla «Vedete - ci mostrano una app sul cellulare - sono partiti in volo dalla Russia due Mig. Forse colpiranno vicino a Karkyv, forse rientreranno senza fare nulla, accontentandosi di far scattare l'allarme delle nostre difese». Una guerra anche sul piano psicologico e fisico, come dimostrano talvolta i segni sotto gli occhi di chi incontriamo: «Proprio questa notte l'allarme è suonato più volte, ma quasi tutti siamo rimasti nei nostri letti e non siamo andati nei rifugi. Un po' di paura ovviamente c'è, ma non possiamo impazzire per colpa dei Russi».
Ripartiamo zigzagando tra i tram e le nostre guide ci accompagnano al Lychakiv Cemetery. Anzi, nel prato accanto, dove centinaia di bandiere ucraine giallo-azzurre sventolano insieme a molte altre storiche bandiere rosso-nere dei nazionalisti locali. Scendiamo dai mezzi e sono quasi affascinato dal rumore delle stoffa agitata dal vento e da questo gioco di colori che occupa una lunga striscia di terreno che sale dolcemente verso la collina. Poi, mentre ci avviciniamo, il vento diminuisce, le bandiere smettono di sventolare e metto meglio a fuoco i dettagli: sotto ogni bandiera c'è un rettangolo di terra, una croce, una semplice targa e una foto. Sono tutti i combattenti di Leopoli morti in guerra. Centinaia e centinaia di sepolture di legno, tutte simili tra loro: soldati semplici e comandanti, operai e insegnanti, nonni e ragazzi ancora iscritti all'università. Poco importa cosa fossero prima: ora sono diventati eroi, resi immortali da una granata, un missile o un proiettile. E in questa distesa di morte, gli unici a sorridere sono loro, ripresi quasi sempre in foto con la divisa militare e lo sguardo fiero.
Saliamo in silenzio le fila di tombe ordinate: le prime sono di chi è caduto nel 2021 e poi, passo dopo passo, i giorni e i mesi passano: prima l'inverno di neve e fango, una nuova estate, poi di nuovo inverno e mentre torna l'estate arriviamo all'ultima fila perdendo il conto di quante croci abbiamo superato. Sulla sinistra qualcuno con una pala sta ancora finendo di sistemare la terra su una sepoltura: è un soldato morto la scorsa settimana e il cui corpo è appena tornato dal fronte. E già si scavano altre fosse: anche oggi due uomini si sono aggiunti alla conta dei caduti di Leopoli e presto torneranno nella loro città.
Tornando indietro, sulla sinistra intravedo una donna sulla trentina seduta a una tomba. Allungo lo sguardo, siamo a ottobre 2023 e il soldato in foto sembra avere più o meno la stessa età. La moglie? Una fidanzata? Una sorella? Nel frattempo lei alza gli occhi e i nostri sguardi si incontrano per un istante: sono rossi e gonfi di lacrime. Un'onda dolore mi raggiunge in pieno e mi paralizza: mi fermo, una parte di me vorrebbe andarla ad abbracciare ma i piedi ripartono, fuggendo da un dolore che è ancora così grande dopo molti mesi, consapevole che non esistono parole in nessuna lingua in grado di curare certe ferite. Ma in questo venerdì una parte di me è si è avvicinata a quella panchina ed è rimasta seduta là, ascoltando in silenzio il rumore delle bandiere scosse dal vento.
È ora di ripartire e così ce ne torniamo alla spicciolata ai nostri mezzi. In fondo, dall'altra parte della strada, un bambino a passeggio si volta a guardare incuriosito prima nella nostra direzione e poi verso sua madre. Chissà se tra i "perché" di un bambino di Leopoli oggi ci sono "perché papà è via?", "perché la mia amichetta a scuola è sempre triste e dice che suo fratello non tornerà più?", "perché la notte suona la sirena?", "perché la mamma ogni tanto piange a cena di nascosto da sola?". Ma nei suoi occhi mi sembra invece di scorgere una sola domanda: "Quando? Quando finirà tutto questo?". Poi entrambi girano dietro l'angolo e il bimbo sparisce senza fermarsi a chiedere nulla: meglio così, penso, perché non avrei saputo cosa rispondergli.
I really like phpLiteAdmin, but it's not a secret that its development is stalling. Hence, I have started pla-ng.
pla-ng (aka phpLiteAdmin 2.0) is a soft fork of this well known tool: is not a rewrite of phpLiteAdmin, nor will never be. Consider pla-ng just an "updated version of phpLiteAdmin" which integrates recent updates and small patches, and usable on PHP >= 8.0 without much troubles. Give it a try and let me know if you like it!
Come se non bastasse il cambiamento climatico, a surriscaldare gli animi in questa rovente estate mantovana ci si è messa pure la matematica. Ebbene sì: a ben vedere, le polemiche sollevate dal campo da basket circolare realizzato tra le isole di Parco Te a Mantova non sono altro che una questione di forme (e formule)...
Se siete curiosi e la matematica non vi spaventa (o, almeno, non vi spaventa troppo) continuate a leggere questo mio breve articolo sulla geometria e... i campi da basket.
Colonna sonora della lettura? Ovviamente Bennato con L'isola che non c'è (https://youtu.be/4SK1KN6ToNw).